The Translation Paradox è l’ultimo dei tre articoli che lo scrittore e traduttore inglese Tim Parks ha dedicato alla traduzione sulla «New York Review of Books» (gli altri sono In the Tumult of Translation e A Long Way from Primo Levi). È una riflessione scaturita dalla recente pubblicazione presso l’editore statunitense Norton Liveright dei Complete Works di Primo Levi, a cura di Ann Goldstein.
In questo pezzo Parks si interroga su fattori come la qualità della traduzione e la fama del traduttore: quanto e quale peso hanno nella percezione del lavoro di un traduttore le opere che si ritrova a tradurre?
Non mancano riferimenti all’editoria italiana, visto che Parks insegna e vive in Italia:
I remember in the 1990s a friend at a major Italian publishing house telling me that he and other editors had received a corporate directive instructing them to reduce the price paid for translations, because their market research had shown that the public couldn’t tell the difference between good and bad translators. I was indignant. I was young. These days experience tells me that from the merely commercial point of view they were right. There are many poorly translated books that are highly praised and widely sold, in the US as in Europe.
Spunti che, volendo, potrebbero dare vita a un dibattito infinito. Buona lettura!