Ci complimentiamo con Donata Berra e Daria Biagi, che hanno ricevuto il Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria 2018. Donata Berra ha tradotto La guerra invernale in Tibet di Friedrich Dürrenmatt (Adelphi), mentre Daria Biagi ha ottenuto il Premio esordienti per Materia prima di Jörg Fauser (L’orma). Qui di seguito le motivazioni della giuria.
Per Donata Berra:
La guerra invernale nel Tibet, compreso fra i Materiali (“Stoffe”) di Friedrich Dürrenmatt, è uno dei testi più inquietanti e profetici del grande scrittore svizzero. Un racconto distopico, che si svolge su uno scenario post-atomico al termine della terza guerra mondiale, un conflitto trentennale in cui tutti combattono contro tutti, perché, come scopriremo alla fine, ognuno è nemico di se stesso. L’autore ci conduce nei cunicoli di un labirinto sotterraneo, popolato da mercenari ed emissari di un’oscura Amministrazione, e lo fa con una prosa asciutta, dura, precisa, a tratti grottesca, atta ad evocare l’atmosfera livida dell’ambientazione, e contemporaneamente a mantenere alta la tensione del lettore grazie ad un ritmo incalzante. Tradurre questo capolavoro, significava non solo individuare un lessico, anche fantascientifico e fantapolitico, adeguato alla descrizione di una realtà così peculiare, ma prima ancora, sentire quell’atmosfera e saper ascoltare il ritmo di quella prosa. Donata Berra ci riesce. Non cede mai alla tentazione di smussare, alleggerire, semplificare. Si attiene invece con grande rigore al dettato del testo, e anche quando è costretta a discostarsene, lo fa senza distruggere gli equilibri sottilissimi su cui si fondano le labirintiche geometrie di Dürrenmatt. E poi, Donata Berra è musicologa e scrive poesia, sa ascoltare, sa riconoscere il ritmo delle parole, sa come si cesella la frase (spesso per sottrazione), senza mai imporre la sua voce. La guerra invernale nel Tibet si inserisce in un più ampio progetto, da parte dell’editore Adelphi, di un’edizione dei testi di Dürrenmatt, improntata alla particolare qualità della traduzione e che la giuria, seppure in presenza di altre candidature di ottimo livello, ha deciso di premiare.
Daria Biagi ha scelto, come suo esordio nel campo della traduzione di narrativa, un testo assai impegnativo: Materia prima (“Rohstoff”), il romanzo autobiografico di Jörg Fauser, uscito nel 1984 e considerato uno dei libri più rappresentativi di una letteratura underground tedesca. Nel narrare le esperienze vissute, negli anni Sessanta e Settanta, fra la scena dello spaccio di Istanbul e le case occupate degli anarchici di Berlino, fra incontri erotici, discussioni politiche e la ricerca dello “Stoff” (la “roba”, ma anche la vita in quanto “materia prima” imprescindibile della scrittura), Fauser crea un romanzo picaresco di grande autenticità. A livello linguistico, questo libro si basa su di un intreccio di gerghi, che Daria Biagi ha saputo captare con intelligenza, finezza e senso dell’umorismo. Così gli Schnösel vom Dienst diventano “sbruffoni patentati” e le terminologie dello sballo trovano il loro corrispettivo italiano: Nembutal, zum Dämmern, und alle möglichen Weckamine, um in Fahrt zu kommen – “Nembutal per collassare e ogni anfetamina possibile e immaginabile per stare svegli e in botta”, e via dicendo. Questa coraggiosa proposta dell’editore L’Orma può dirsi particolarmente convincente, grazie alla traduzione, energica ma rispettosa, di Daria Biagi.