Concludiamo l’anno con la Quinta di copertina della vincitrice del Premio Babel-Laboratorio Formentini 2020, assegnato a un giovane traduttore letterario di lingua italiana meritevole di attenzione. Arrivederci nel 2021!
di Silvia Manzio
autrice di Fran Ross, Oreo, Roma, SUR, 2020 (da Oreo, New York, New Directions, 2015)
Senza perdere l’equilibrio
Nera fuori, bianca dentro: questa è Oreo, l’irriverente protagonista del romanzo eponimo di Fran Ross, uscito negli Stati Uniti nel 1974. Parodia in chiave moderna (e femminile) del mito di Teseo, Oreo narra il viaggio picaresco dell’eroina, figlia di una pianista nera e di un attore ebreo, sulle tracce del padre che l’ha abbandonata. Da questo intreccio si diramano una miriade di peripezie e digressioni, raccontate con uno stile esuberante, fatto di elementi tanto intralinguistici – idiomi, voci, registri, calembour, storpiature e neologismi – quanto extralinguistici – riferimenti culturali, citazioni, menù, quiz, equazioni, cartelli stradali e graffiti. L’autrice si muove con sconcertante agilità nel fitto tessuto verbale del romanzo, e dosa con incredibile sapienza la sperimentazione linguistica. Non da ultimo, irriga il testo con un umorismo diffuso, praticamente capillare. Attraverso questo vero e proprio arsenale testuale, il libro riesce al tempo stesso a celebrare l’identità composita della protagonista e a condurre una battaglia vittoriosa contro il pregiudizio.
Il traduttore è un po’ come un funambolo che cammina sulla corda tesa dall’autore cercando di destreggiarsi tra gli elementi che compongono il suo stile. Quando un libro è costellato di giochi di parole come questo, però, il rischio di perdere l’equilibrio è altissimo. Non è possibile rendere conto qui di tutte le acrobazie che ho dovuto azzardare per affrontarli, da un lato perché ogni gioco di parole è una sfida a sé, e dall’altro perché il percorso che porta alla “soluzione” non è mai lineare, ma procede per tentativi, fallimenti, frustrazioni e improvvise folgorazioni. Vorrei comunque tentare di ritracciarne almeno alcuni.
La prima riguarda il gioco di parole che coinvolge Sam Spade, il detective protagonista del Falco maltese. Quando il capo della madre di Oreo lo menziona, lo fa seguire da un pardon me. In effetti spade è un termine denigratorio per definire i neri. Sulle prime ho creduto che mai avrei trovato un modo per rendere l’allusione. Il nome di Sam Spade non mi dava alcun appiglio. Ma se c’è una strategia che può essere applicata alla traduzione di tutti i giochi di parole, è quella di non lasciarsi scoraggiare. Ho cominciato a cercare: mi ci voleva un investigatore (il contesto lo esigeva), possibilmente letterario e non del tutto sconosciuto, il cui nome si prestasse al bisticcio. Di sicuro molti lettori avranno già indovinato. In italiano Sam Spade – pardon me è diventato «Nero – senza offesa – Wolfe».
In un altro episodio la protagonista incontra degli operai che cambiano le lettere del cartellone di un teatro. Uno di loro ne fa cadere una e grida: Jesus H. Christ! («chiaramente ossessionato dalle lettere», chiosa Oreo), un’esclamazione piuttosto comune che non può non ricordare la più moderna variante volgare. Esistono molte interpretazioni che hanno tentato di spiegare come quell’H. sia finita lì in mezzo. Ma quello di cui avevo bisogno io era un’interiezione italiana verosimile, che includesse una lettera, e che avesse un’eco potenzialmente blasfematoria. Con un po’ di sfrontatezza, la scelta è ricaduta su «Porco D!».
L’ultimo esempio riguarda la voce «Amazing» dell’improbabile lista di indizi che il padre di Oreo le ha lasciato prima di andarsene. Alla fine della sua avventura, Oreo capisce che la parola faceva riferimento al dedalo di corridoi della metro di New York e che avrebbe dovuto essere «A-mazing». Per mia fortuna il contesto non esigeva che la voce d’origine fosse proprio «amazing», ma dovevo comunque trovare un gioco di parole verosimile che coinvolgesse un labirinto. Alla fine ho optato per «“Ribaltoni” – un eloquente anagramma di “Labirinto”».
Ci sarebbero ancora molte scelte da raccontare: la resa delle parlate dei tantissimi personaggi, delle rime dei nani, degli etimi del precettore di Oreo, della sintassi francese di Scott Scott, e potrei continuare, ma preferisco lasciare la parola a questo romanzo straordinario.