di Gianfranco Petrillo
Al contrario di Baricco, Claudio Magris rispetta e valorizza i suoi traduttori. Per il «Corriere della sera» (Tradurre è trovare la nota giusta, 4 agosto 2012, pp. 48-49) ha intervistato la bravissima (e ben nota ai cultori della materia) croata Ljiljana Avirović, ricavandone una miniera di indicazioni che possono illuminare il lettore. Il grande intellettuale (definirlo semplicemente “germanista” ci sembra riduttivo) ne approfitta – sia pure di passata – per una dura tirata sull’«indecenza» del modo in cui sono trattati in Italia i traduttori: «sottovalutati, malpagati, sfruttati, spesso ignoti […] Oggi la situazione è intollerabile. Senza i traduttori, l’editoria non esisterebbe e l’editoria – non sempre, non tutta – li ripaga in modo inadeguato o addirittura criminoso».
All’editoria danno man forte i giornali, che spesso e volentieri “dimenticano”, nel segnalare o recensire i libri (tutti i libri, va fatto umilmente notare, a onor del vero, a Magris, non solo l’Iliade o l’Eneide da lui citati o altri capolavori della letteratura mondiale), il nome di chi l’ha tradotti, se nati in lingua straniera. Chissà che almeno il «Corriere» non sia indotto, da questo articolo che pubblica con un certo rilievo, a rompere una vera e propria congiura del silenzio contro i traduttori – specie di saggistica – che accomuna tutti i quotidiani e che ormai temiamo, dopo tante proteste, non sia del tutto ingenua e inconsapevole. Cominci almeno dal suo inserto «Lettura». Segnaliamo a caso le “dimenticanze” dalla sola pagina 5 di quello del 29 luglio: Marisa Fumagalli cita Kitchen Confidential di Anthony Bourdain (Feltrinelli), senza nominare chi l’ha tradotto. Rimediamo noi. Si tratta di ben tre persone diverse: Carla Lavelli, Fausto Vitaliano e Cecilia Veronese. Più sotto una Bibliografia minima in fatto di seno (wow, che innovativo brivido erotico, su un inserto “culturale”!) menziona, anonime, le traduzioni di La nascita dei seni di Jean-Luc Nancy e Corpi di donna, sguardi di uomo, sociologia del seno nudo di Jean-Claude Kaufmann (entrambi Cortina). Il primo l’ha tradotto Graziella Berto. Ma nel caso del secondo, il povero «Corriere» non fa che andar dietro all’editore, il quale si guarda bene dall’indicare il nome del/la traduttore/trice perfino nel volume. Ovviamente anche nell’articolo di riferimento si citano a man bassa libri stranieri senza indicare chi l’ha tradotti. Comprensibile? Sì, certo, se non si vuole rimpinzare un articolo di giornale di nomi. Ma quando si tratta di libri arcinoti, come in questo caso, se ne menzioni allora il titolo originale. Il lettore capirà, e la realtà sarà rispettata.
Ma intanto: grazie, Magris.