Commento a Il fantasma italiano di Tom Joad

Riceviamo da Gabriele Castellari un interessante commento a Il fantasma italiano di Tom Joad di Anna Tagliavini, apparso sul numero 2 della rivista Tradurre. Troverete altri esempi che aiutano ad approfondire l’argomento.

Constatata la mancanza di informazioni del Carneade Coardi, l’articolo di Anna Tagliavini ricerca una spiegazione delle effettive carenze della versione, tirando in ballo qui l’italiano allora corrente, là l’ipotizzabile condizionamento politico del momento, altrove la difficoltà con le smozzicate sgrammaticature nella parlata colloquiale della Bible Belt. Lodevole. Ma a me pare che sia come indagare il contesto socio-culturale dell’edificio crollato tralasciando di verificare la percentuale di sabbia nel calcestruzzo.

Diamo insieme una scorsa ad alcuni frammenti comparati di una edizione coeva (Steinbeck, John, Furore, trad. it. di C. Coardi, Bompiani, Milano, 1942):

 

«She glanced about the stripped room. Nothing was left in it except trash. The mattresses which had been on the floor were gone. The bureaus were sold. On the floor lay a broken comb, an empty talcum powder can, and a few dust mice. Ma set her lantern on the floor. She reached behind one of the boxes that had served as chairs and brought out a stationery box, old and soiled and cracked at the corners.»

«Diede un’occhiata circolare alla stanza sguernita. Non c’era più niente. I materassi, che dopo la vendita dei letti erano rimasti a terra, eran già stati portati via da Rosa Tea. I due comò, venduti. Sul pavimento c’era un pettine rotto, un barattolo vuoto di polvere di talco e la scatola di cartone dove mettevano la polvere pei topi. Posò la lanterna a terra. Da una delle cassette che serviva anche da sgabello trasse una cartella, di quelle che servono alla corrispondenza; decrepita, sudicia, slabbrata negli angoli».

 

«The walls decorated with posters, bathing girls, blondes with big breasts and slender hips and waxen faces, in white bathing suits, and holding a bottle of Coca-Cola and smiling—see what you get with a Coca-Cola. Long bar, and salts, peppers, mustard pots, and paper napkins. Beer taps behind the counter, and in back the coffee urns, shiny and steaming with glass gauges showing the coffee level. And pies in wire cages and oranges in pyramids of four. And little piles of Post Toasties, corn flakes, stacked up in designs»

«I muri tappezzati di cartelloni pubblicitari, splendide figliole in tenuta da bagno, forti di petto, snelle di fianchi e con face da bambola. Han tutte in mano la fiaschetta di Coca Cola. Al centro del banco i barattoli di carta. Dietro il banco i rubinetti della birra e la macchina da caffè, fumante, abbagliante, col recipiente di vetro che mostra il livello del caffè in grani; ai suoi lati, piramidi d’arance. All’altra estremità del banco le pietanze al caldo: bollito, arrosto, patate in camicia».

 

«Look at that Texas boy, long legs loose, taps four times for ever’ damn step. Never seen a boy swing aroun’ like that. Look at him swing that Cherokee girl, red in her cheeks an’ her toe points out. Look at her pant, look at her heave. Think she’s tired? Think she’s winded? Well, she ain’t. Texas boy got his hair in his eyes, mouth’s wide open, can’t get air, but he pats four times for ever’ darn step, an’ he’ll keep a’goin’ with the Cherokee girl.»

«Guarda quel giovanotto, certo del Texas: passetti elastici e lunghi, batte quattro volte la suola ad ogni singolo passo. Mai visto nessuno piroettare così. Guarda come fa ondeggiare la sua ragazza, certo del Cherokee. Rossa di gote, con le punte dei piedi infuori, mostra le mutandine, scopre la pelle. La credi stanca? La credi sfiatata? manco per idea. Lui, coi capelli negli occhi, le labbra socchiuse, sembra non possa più tirare il fiato, ma continua a picchiare quattro tempi ad ogni singolo passo e a far piroettare la sua ragazza come una trottola».

 

E questi sono solo esempi dei fraintendimenti e delle invenzioni di sana pianta. Già applicando il principio di economia (forse più noto come Occam’s Razor), risulta banalmente di avere a che fare con un caso di preparazione linguistica tutt’altro che solida e di generali insufficienze conoscitive sui costumi e sull’ambiente della vicenda. Condite con molta frettolosa faciloneria e con la latitanza della redazione.

E venendo, per l’appunto, all’editore, una volta esaminato un’altra importante prestazione del Nostro, di poco antecedente (Cronin, A.J., E le stelle stanno a guardare, trad. it. di C. Coardi, Bompiani, Milano, 1938), non si può non concludere: perseverare diabolicum.