A due o a quattro mani: Ismail Kadare e la traduzione “di seconda mano”

Su Nazione Indiana è apparso un lungo estratto di un bell’articolo di Francesca Spinelli, tratto dal volume Il confine liquido. Rapporti letterari e interculturali fra Italia e Albania, a cura di Daniele Comberiati e Emma Bond (Besa, 2013). Vi si affronta un tema spinoso ma di grande interesse. Ancora oggi, alcuni scrittori non sono tradotti direttamente dalla lingua originale, ma da un’altra lingua di maggiore diffusione. È il caso dello scrittore albanese Ismail Kadare: in diversi Paesi (fra cui l’Italia) molte sue opere non derivano dalla versione albanese, ma sono traduzioni della traduzione francese. Dice Spinelli (e siamo d’accordo con lei): “[…] le doppie traduzioni sono difficilmente difendibili. Fanno un torto ai lettori, spesso ignari del doppio passaggio, e sono estremamente frustranti per i traduttori, confrontati non solo al rischio di fraintendere il testo, rischio insito nell’atto stesso di tradurre, ma anche al timore di perpetuare un errore del primo traduttore”.